Aspetti peculiari del territorio e del paesaggio nel tratto di costa Otranto - Leuca preso in esame col progetto del Parco.

Il territorio in questione coinvolge undici Comuni salentini e presenta una morfologia culturale notevolmente variegata e pluralista, ricca degli innumerevoli contributi che nel corso dei secoli e dei millenni si sono aggiunti al substrato locale, dando luogo a sottili endemismi.

Usare le pietre per colonizzare e per vivere. L’Architettura Contadina è una delle manifestazioni culturali più evidenti nel Parco. Nel corso del tempo ha interpretato ed usato pressoché ogni lembo di terra e di roccia con mano ferma e sapiente, occhio attento al dettaglio ma senza perdere di vista il tutto, in modo da incastonare armoniosamente i tanti particolari nel funzionale equilibrio complessivo. L’esame dei manufatti in pietra a secco – muri di vario tipo, terrazzamenti, pajare – mostra soluzioni e adattamenti da ambiente arido che è facile ritrovare in Sardegna, a Malta, in Grecia, in Medio Oriente, in Nord Africa e in tutto il bacino Mediterraneo. Pietre disposte sulla nuda roccia per formare il terrazzamento, trattenere la terra portata dall’acqua e dal vento, permettere la formazione dell’humus e la coltivazione, poi arditamente innalzate in traforati merletti per ricavare acqua dal vento umido secondo l’uso nordafricano e le necessità di una agricoltura di sopravvivenza. Con l’integrazione fornita dalle rare cisterne in prossimità delle pajare e l’uso oculato testimoniato dai canali scavati nel banco roccioso le colture erano autonome e riuscivano a superare la lunga estate salentina. Ogni terrazzamento è collegato al successivo da piccoli gradini in pietra, provvisto di un sistema di drenaggio e convogliamento dell’acqua piovana e inserito in un tessuto antropico che interpreta ed elabora ogni frammento costruendo in tal modo il tradizionale paesaggio salentino sull’equilibrio sostenibile tra necessità umane e ineludibili richieste dell’ambiente. Attualmente la rete di terrazze, stradine, canali e pajare si estende per tutto il tratto costiero tra Leuca e Otranto fino a pochi metri dal mare, ove resiste un tratto marginale ma rigoglioso di macchia mediterranea che tenta di estendersi oltre i muretti nelle terrazze abbandonate. Grandi cespugli di mirto e lentisco modellati dal vento e dalla salsedine si alternano alle simmetriche euforbie allo spinoso olivastro e ai rari lecci tracciando i contorni di un ecosistema ricco di specie vegetali che lascia spazio ai sempre più rari esemplari di fauna selvatica nel salento.

Negli ultimi anni, a partire dalla costruzione della strada litoranea, una invasione edilizia incontrollata, abusiva, eterogenea e mistificante si è estesa e consolidata quasi dappertutto rimodellando il paesaggio tradizionale con l’inserimento di improbabili elementi quali piscine ombreggiate da palmizi, gigantesche costruzioni a più piani arroccate sugli strapiombi, ampie strade a tornante che affondano nelle piccole valli macinando sentieri e terrazzamenti. Tali proposte architettoniche “alternative” a quelle tradizionali colpiscono la costa salentina su vari livelli, tutti distruttivi.

La scelta è ampia e diversificata; le pajare cementificate con aggiunta di vani e verande per renderle “abitabili”, le villette con infissi in alluminio e antenna parabolica, le ville holliwoodiane con vista mozzafiato ed esotici giardini pensili, villaggi turistici esclusivi, ristoranti, discoteche.

Uno degli elementi che evidentemente accomuna i progettisti di tali opere è la convinzione che rivestire di pietre incollate a cemento qualsiasi banalità in mattoni forati possa renderla “salentina” e quindi adatta a rappresentare il salento nei punti più belli del suo territorio. Altre mistificazioni ricorrenti sono i “recuperi”di pietre antiche levigate dall’uso e dal lavoro delle generazioni passate ed ora sistemate nelle nuove costruzioni come trofei di una cultura indigena sostanzialmente rifiutata ed ancora una volta violata.Queste pietre vissute rappresentano la nostra storia fino a quando vivono nel contesto che le ha prodotte; il Menhir, il torchio romano, il pavimento levigato dell’aia, il portale della masseria nella nuova umiliante collocazione perdono identità e tornano ad essere semplici pietre, magari dall’aspetto un po’ strano ma impoverite del significato culturale che tramandavano; cosa può raccontare al turista o ai giovani salentini un’arnia scolpita in pietra (vucca d’api) ora riempita di sabbia e messa in un angolo a fare il posacenere?

Un tempo i nuovi ricchi solevano nobilitare incerte origini acquistando ritratti di antenati dai rigattieri; attualmente, in risposta alle rinnovate esigenze, si è sviluppata una rete di drenaggio capace di fornire agli esponenti di questa sottocultura coloniale i trofei e i simulacri di cui abbisognano, eliminando progressivamente dal reale paesaggio salentino quegli elementi che ne costituiscono l’essenza. Così aie, pajare, muri a secco, conci di carparo, elementi architettonici e di arredo, perfino olivi e carrubi secolari sono cooptati in un flusso migratorio senza ritorno e senza memoria.

Ulteriore motivo di alienazione e disturbo, per il territorio ed il paesaggio, la continua introduzione di essenze vegetali esotiche a corredo delle costruzioni di cui sopra. Nell’immaginario collettivo dei progettisti di tali estemporanei insediamenti alberga, per nulla sopito, un prorompente esotismo. Il rude e concreto Salento riesce a ispirare mollezze orientali che richiamano palmizi e yucche, protagonisti di analoghi flussi migratori, a sostituire olivi, carrubi, mirto e lentisco sfrattati dal loro habitat.

Un ultimo tratto che accomuna progettisti e proprietari degli insediamenti variamente abusivi sul litorale tra Leuca e Otranto ed è, ormai luogo comune, la fiducia nell’ambiente manifestata nelle opere realizzate. Fiducia nella tolleranza dell’ambiente a sopportare abitazioni costruite negli impluvi e negli alvei di canali, sulle faglie, in zone ad alta radioattività naturale ed estrema fiducia nella capacità dell’ambiente di metabolizzare gli escreti di questi insediamenti. Gli scarichi fognari delle abitazioni sono infatti generalmente affidati alla benevolenza del mare e delle correnti, dove giungono dopo brevi percorsi tra le rocce, per la gioia dei mitili che ricoprono il bagnasciuga e, forse più indirettamente, dei turisti che visitano le grotte costiere nel periodo estivo.

Nuotando in prossimità delle gradinate scavate nella scogliera per l’innegabile comodo accesso al mare, sottacqua si intravedono tra madrepore e saraghi i resti delle ringhiere metalliche che hanno preceduto nel tempo quelle attualmente in opera, insieme a pezzi di tubazioni e vario materiale edilizio in esubero al momento della costruzione. Questa abitudine di disfarsi del superfluo lasciandolo dietro l’angolo ha ormai preso piede soprattutto in corrispondenza dei viadotti sulla litoranea, luogo di elezione per assembramenti di elettrodomestici e materassi in disuso. Anche il servizio di manutenzione stradale si è adeguato alle usanze e scarica sul terreno sottostante gli avanzi delle pavimentazioni stradali e gli interi guard-rail sostituiti.

Un parco viene istituito solitamente per proteggere e conservare luoghi che presentino rilevanti motivi di interesse con lo scopo di permetterne una fruizione duratura e non distruttiva. Nel tratto costiero tra Leuca e Otranto i motivi di interesse non mancano insieme all’opportunità di programmare una fruizione conservativa dell’intera area.

 

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